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4 cose da sapere per educare i giovani all'uso sano del web

Aggiornamento: 4 gen 2019


"Abbiamo avuto migliaia di anni di evoluzione per prendere confidenza con le interazioni umane in contesti faccia a faccia, ma appena due decenni per il mondo online diffuso su larga scala, ed ora è il luogo dove si svolge molta dell'interazione umana, con strumenti del tutto diversi" racconta Patricia Wallace, autrice di La psicologia di Internet.

Le relazioni interpersonali sui social hanno delle caratteristiche diverse da quelle che avvengono nel mondo fisico, ed è utile imparare a gestirle al meglio e sopratutto aiutare i più giovani a trarne tutti i vantaggi evitandone un possibile scotto. 

Alcune differenze tra relazioni online e offline: 

Narcisismo, nei social ognuno è il protagonista nel proprio profilo e viene promosso un atteggiamento auto-celebrativo; Aggressività, la comunicazione in chat risulta più aggressiva e diretta di quella faccia a faccia, in quanto tutti gli elementi della comunicazione non verbale mancano; Quantità di interazioni, online è possibile trovare persone che vivono lontane ma con cui condividiamo una passione e il numero di relazioni è molto maggiore rispetto al mondo fisico.

Nel frattempo, Facebook sta testando una nuova funzione al momento disponibile solo in Nuova Zelanda e Toronto, per far incontrare la gente di persona. Il social che si basa per eccellenza su relazioni online, vuole integrare sempre più la socialità virtuale e reale. 

I ragazzi che oggi hanno tra gli 11 e i 15 anni circa, fanno parte di quella fetta di popolazione nata tra l'incudine e il martello quando si parla di social. Dico questo perché si tratta della generazione che è nata immersa negli schermi, fin dai primi giorni di vita ma nessuno ha spiegato loro come usarli al meglio, cosa evitare e quali piccoli accorgimenti avere. E così molto spesso questa generazione impara ad usare i social direttamente sul campo, pagando eventuali errori sulla propria pelle. 

Ho deciso di parlare dell'argomento "Pre-adolescenti e social" con il Prof. Paolo Ferri, docente all'Università Bicocca di Milano e tra le varie, anche curatore dell'edizione italiano del libro della Wallace. Ferri inoltre è parte del progetto Genitori Connessi che ha come obiettivo l'aumentare le consapevolezze di genitori ed operatori in ambito educativo sul tema dei linguaggi e strumenti digitali.


Intervista al Prof. Paolo Ferri

Paolo Ferri Università Bicocca

Cosa sono i social per i giovani?

Parlando dei ragazzi fino ai 15 anni circa, possiamo dire che i social rappresentano la loro vita, sono parte della stessa e loro non ne possono prescindere. Le relazioni si distribuiscono in maniera equilibrata tra online e offline, qualora i genitori abbiano creato le condizioni tali per avere una vita ben distribuita tra le due dimensioni. 

Questi ragazzi interpretano il digitale come il reale, è la loro realtà di fatto. Sono più attrezzati di noi a gestire la dimensione digitale e la sua commistione con il reale, benché non si possa più parlare di due dimensioni.


I giovani sono veramente esperti di web?


I giovani iniziano ad avvicinarsi al mondo web attraverso i giochi, il gaming online, a 6/7 anni giocano a Clash of Clan o Clash of Royal. Sono molto più avvezzi di noi adulti al mondo online e questo li allena per esempio a riconoscere troll, persone fake e a muoversi in quella dimensione.

E' utile semplicemente aiutare i più giovani a capire difficoltà e opportunità dello stare in rete. Andrebbe fatta educazione sull’uso dei nuovi media, che ormai non sono più nuovi. 

Abbiamo paura di cose tipo pedofilia e altri eventi molto forti, ma che in realtà accadono raramente per fortuna. In realtà i veri rischi della rete per i giovani sono altri: per esempio le truffe online di cui si ha totale inconsapevolezza.


Educare i giovani ad un uso sanno della rete, cosa significa?


Significa lavorare su diverse dimensioni quali:

Educazione alla privacy, c’è ancora inconsapevolezza su cosa comporti per una persona pubblicare una foto, inviarla in chat social. In quel momento se ne perde il controllo e può essere pericoloso. Ancora molti adulti, figuriamoci i più giovani, non sanno che pubblicare un contenuto significa metterlo in rete per sempre. Ci sarebbe un lavoro di educazione alla privacy da fare, per evitare situazioni spiacevoli. Oggi non c'è più confine tra privato e pubblico: se una pubblica una foto sconveniente poi ci dovrà convivere per sempre. 

Autorevolezza delle fonti, bisogna educare i più giovani a distinguere l'autorevolezza e validità delle fonti. Ce ne sono di buone e di cattive, se una cosa è online non per questo è vera. Gestione contenuti sconvenienti, per i più più piccoli è utile inserirei dei blocchi nei telefoni per controllare i siti a cui hanno accesso. Anche se dopo i 12 anni circa sono inutili in quanto il ragazzo sa come aggirarli, quindi servirebbe preparare i ragazzi a ciò che possono trovare online e saper reagire in modo sano. Costruzione dell' identità, oggi l'identità dei ragazzi si forma tra online e offline ed è un ambiente complesso, bisognerebbe aiutarli in questo percorso, portandoli a formarsi un'identità in modo sano. Quindi serve guidarli a capire cosa postare e cosa no.


Cosa può fare un genitore o un educatore per educare all'uso dei social? 


Prima di tutto non adottare tecniche da proibizionismo, evitare ad ogni costo l'uso di social e smartphone non è la soluzione visto che poi i giovani sanno bene come trovare vie alternative per poterli utilizzare. E' invece consigliato dare un sostegno educativo in modo da aiutarli ad affrontare il mondo della rete, con le sue opportunità e i suoi pericoli. 

Come insegniamo ai nostri figli a non mangiare con le mani, dovremmo insegnargli a non postare sui social senza riflettere sulle conseguenze. Pochi adulti sono consapevoli degli effetti che la pubblicazione di un post che può avere, nel processo di costruzione della propria identità, sopratutto per il fatto che non può più essere cancellato. 

Non stiamo parlando di problemi enormi, bensì di piccoli drammi che però in adolescenza hanno il loro peso. Un esempio è il ragazzo che si lascia con la fidanzata e si mette con un'altra ragazza e quest'ultima è irritata dalle foto su Instagram di lui con la precedente, che hanno fatto e fanno il giro del web. Siamo pur sempre in un mondo in cui nel 50% delle cause di divorzio viene utilizzato materiale proveniente da social o smartphone!


La scuola italiana a che punto è sull'educazione a social e digitale?


Siamo indietro di 15 anni rispetto alla media paesi OCSE sul tema digitalizzazione ed educazione digitale. Ci vorrà tempo ma stiamo iniziando ad occuparcene, il fatto è che siamo in pochi professionisti ancora nel settore. Agendadigitale.eu è una piattaforma che si occupa di alfabetizzare i docenti al digitale per esempio e quindi qui si possono trovare informazioni utili per chi opera nel mondo della scuola. Ora purtroppo stiamo pagando il buco creato dalla gestione Moratti Gelmini che non hanno voluto investire a questi fini. 

I social in ambito scolastico possono essere una risorsa, anche a livello didattico, a patto che gli insegnanti sappiano usarli e non gli sfuggano di mano altrimenti diventa un rischio. Possono essere strumenti usati a documentare progetti e condividere lavori di gruppo per esempio. Arriveremo ad un punto in cui ci saranno ambienti virtuali in alternanza alle classi fisiche, entrambi luoghi dello stesso apprendimento. 

Piattaforme quali Moodle e Blackboard sono strumenti utili per esempio, per portare fuori dalla classe, il lavoro e proseguirlo in un ambiente virtuale, ma dev'essere un percorso in cui il lavoro viene in qualche modo protetto dal ciò che viene fatto in classe.


Conclusioni

La mia chiacchierata con il Prof. Ferri è stata molto interessante e mi ha portato ad un paio di riflessioni che condivido qui:

Monica Lewinsky, nota per lo scandalo con Bill Clinton nel 1998, dopo le vicende alla Casa Bianca, ha iniziato ad occuparsi di vittime di bullismo e cyberbullismo vista la sua esperienza personale per cui è passata dall'essere una stagista sconosciuta ad una ragazza umiliata a livello internazionale, in meno di 24h. Lei stessa si descrive come la prima persona al mondo, ad essere stata distrutta grazie al web, pur essendo ancora l' "era pre-google". Qui trovi un suo intervento pubblico sull'argomento.I social possono essere usati anche come una risorsa, per esempio in ambito scolastico e in questo senso il progetto E-likeschool è un progetto formativo in cui Facebook viene usato come strumento didattico.E' vero che siamo in un mondo in cui non possiamo più prescindere dagli smartphone e dai social, si tratta solo di imparare ad usarli al meglio delle loro potenzialità evitandone i problemi. Per imparare a non rimanerne sopraffatti e quindi non lasciarci gestire dalla tecnologia, ogni tanto può essere utile sperimentare un digital detox day!

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