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Evoluzione o involuzione tecnologica?


Stabilire quanto la tecnologia stia migliorando o peggiorando la vita degli esseri umani, non è così semplice. Se cerchiamo di analizzare un po’ in profondità il tema ci si accorge che non è banale formarsi un’opinione netta e persistente riguardo a questo tema. Per lo meno, a me viene difficile. La difficoltà che trovo l’ho trovata esplicitata in un passaggio del libro “Adolescenti digitalmente modificati” di Scognamiglio e Russo, dell’Istituto di Psicosomatica Integrata. Il loro testo è incentrato sull’età in cui lasciamo l’infanzia per entrare nell’età adulta, passando oggigiorno attraverso un fiume digitale in cui bisogna imparare a navigare per non affondare.

Possiamo però estrapolare delle considerazioni interessanti anche per i più grandicelli. L’essere umano apprende, cresce e si evolve andando incontro a fasi di sforzo, fatica, frustrazione, fallimento e poi successo. Insomma una serie di passaggi che non sempre sono sinonimo di facile e felice. Ma siamo fatti così, quando investiamo le nostre energie al fine di apprendere qualcosa, poi lo riterremo nella nostra memoria. Chi si ricorda il tempo trascorso ad apprendere le tabelline, le poesie e le declinazioni verbali oggi sa che quel bagaglio di conoscenza è stampato nei propri circuiti cerebrali. L’apprendimento dunque è un processo che richiede fatica. Qualche tempo fa abbiamo parlato della creatività, prendendo spunto da Arturo Brachetti, oggi riprendiamo parte di quel discorso ampliandolo alle diverse skills che l’uomo può avere.

Ci sono due modalità principali con cui possiamo descrivere la modalità di funzionamento del cervello, prendendo gli studi di Kanhemann su pensieri lenti e pensieri veloci. Da una parte abbiamo il nostro cervello rettiliano, che funziona velocemente e in modo reattivo dall’altra abbiamo il cervello che funziona lentamente e ci permette di andare in profondità con i ragionamenti. Sono utili entrambi, in situazioni differenti.

I pensieri veloci sono quelli che hanno permesso alla nostra razza di sopravvivere, salvandosi da pericoli inaspettati. Sono quelli che hanno guidato l’essere umano a reazioni di attacco o fuga per esempio.

I pensieri lenti fanno parte di una fase più recente dell’evoluzione umana e ci permettono di ragionare in modo ponderato e non istintivo su delle questioni, ci permettono di mantenere la concentrazione più a lungo e ad analizzare una situazione sotto più punti di vista.

Con l’evoluzione abbiamo imparato a governare i pensieri veloci e a ad utilizzare i pensieri lenti. Oggi, nell’era della sovrastimolazione digitale, il nostro cervello rettiliano è quello maggiormente sollecitato. In questo modo trascorriamo buona parte della nostra esistenza a sollecitare un funzionamento cerebrale che appartiene più ai nostri antenati che non alle versioni più evolute dell’uomo.


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In che senso la tecnologia stimola il cervello rettiliano?

Ciò accade perché il sistema di notifiche utilizzato dal digitale va ad agire sul nostro cervello come nell’antichità agivano i pericoli della natura e dei nemici. Non è un caso che le notifiche siano state disegnate in rosso (colore di allerta). Ogni volta che riceviamo una sollecitazione dal nostro cellulare, quella suoneria, quel pallino rosso, quella vibrazione parla al nostro sistema cerebrale reattivo e non a quello riflessivo. In questo modo il nostro cervello più antico, profondo, animale è sovrastimolato e quello invece che ci ha permesso di evolvere in essere pensanti, che ragionano e approfondiscono, è lasciato a riposo.


Conclusione

La tecnologia sta evolvendo e questo è un dato di fatto, l’essere umano al tempo stesso ha a disposizione mezzi e possibilità uniche per ampliare esponenzialmente le proprie possibilità. Ma in fondo il senso dell’evoluzione tecnologica in cui siamo immersi è quello di portare del bene ai noi umani, e dunque in questo percorso dovremmo porre attenzione a potenziare davvero il valore umano. Io credo sia solo un momento iniziale, questo in cui siamo sommersi da notifiche e stimolazioni dirette al nostro cervello più antico. Probabilmente in qualche anno anche chi costruisce le piattaforme digitali che utilizziamo, sarà più attento a costruire degli ecosistemi volti a migliorare davvero l’evoluzione umana.

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