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Come trattare la dipendenza da internet

Aggiornamento: 2 mar 2019


In soli 10 anni l' iPhone è passato dall'essere un bene di lusso all'essere un bene di prima necessità. La società è cambiata parecchio: abbiamo modificato il modo in cui comunichiamo e in cui stiamo nel mondo e con questo è nato il concetto di "dipendenza da internet".

Ora chattiamo, shariamo, postiamo, likeiamo e scrolliamo un elenco infinito di news. Dove ci hanno portato tutti questi nuovi termini?

Ci hanno portato in un mondo in cui sempre più persone non uscirebbero di casa senza il proprio smartphone, in molti rinuncerebbero all'acqua calda in vacanza ma non al Wi-Fi e il picco di volte in cui lo controlliamo giornalmente arriva a 200. Insomma lo smartphone è probabilmente la rivoluzione tecnologica che più è riuscita a fondersi con l'essere umano. 

Generazione X e smartphone

Così ho iniziato a cercare informazioni in merito alla "dipendenza da internet", per capire più da vicino il fenomeno, e surprise surprise: mi accorgo subito che ci sono parecchie opinioni discordanti! Trovo articoli che sostengono essere i millenials la generazione più dipendente mentre altri sostengono che il problema sia dei nati tra il '65 e l' '84, cioè che la generazione X non sia padrona del proprio rapporto con il digitale. Al di là delle speculazioni che si possono fare cercando la generazione più legata al web, è un dato di fatto che i più giovani sono quelli che non hanno mai visto un mondo senza Google e Facebook. Parlando con i nati dopo il 2000 è chiaro che non abbiano presente una realtà in cui non si googla qualcosa ma si vada in biblioteca o si faccia una telefonata.

Oltre a trovare informazioni confuse, mi sono anche imbattuta in svariate iniziative per il "trattamento della dipendenza da internet", dalla Svezia alla Cina e agli Stati Uniti ce ne sono diverse.

Quindi in questo mare di informazioni e iniziative poco concordanti, ho cercato e trovato una fonte autorevole in Italia: la Facoltà di Psicologia dell'Università degli Studi di Padova. Ho avuto il piacere di parlare con la Dott.ssa Claudia Marino, referente per la ricerca e l’intervento per i social network nel Laboratorio Internet e dipendenza, qui di seguito trovi l' intervista.


Internet & dipendenza, intervista


Cosa fa il Laboratorio Internet e Dipendenza? 


Ci occupiamo di promuovere un utilizzo positivo di internet e facciamo prevenzione ad un cattivo uso delle tecnologie digitali. Lavoriamo nelle scuole elementari, medie e superiori delle province di Padova e Rovigo. Vogliamo semplicemente aiutare i ragazzi a comprendere il web e i social media, non demonizziamo assolutamente questi strumenti. Il 65% dei bambini delle elementari ha uno smartphone, arrivati in 5° tutti ne hanno uno e non c'è un "libretto delle istruzioni" quindi vanno guidati.

Il progetto è iniziato 3 anni fa con lavoro di equipe e molto studio. La prima fase del progetto è stata un lavoro di ricerca in cui abbiamo scandagliato la letteratura per individuare le dimensioni da misurare e sulle quali agire. Abbiamo, quindi, tradotto le nostre ricerche in lavoro sul campo con l'offerta di un progetto di prevenzione nelle scuole delle province di Padova e Rovigo, finanziato dalla Fondazione Cariparo per l'anno accademico 2016-2017. Il team è composto da diversi professionisti tra cui il Prof. Vieno e la Prof.ssa Simonelli.


Che lavoro fate nelle scuole esattamente? 


Ad oggi siamo entrati in circa 20 classi in cui abbiamo svolto un percorso di 3 o 4 incontri.

Lavoriamo sul fatto che internet è un mezzo e non un fine: vado su internet per cercare un'informazione, contattare qualcuno, ecc., ma è molto diverso navigare in internet per navigare senza un un fine, a quel punto non è più solo un mezzo. L'obiettivo è sviluppare empowerment nei ragazzi rispetto all'utilizzo del web: fargli capire che loro possono scegliere come e quanto usare lo smartphone.

Tra gli adolescenti, ci sono ovviamente quei piccoli ma grandi problemi di cuore da cui tutti siamo passati tutti, ma con i social il fenomeno si amplifica. Quindi lavoriamo con loro per aiutarli a capire cosa li fa stare male per esempio. Li portiamo a sfatare una serie di falsi miti: per esempio se non rispondo subito al messaggio dell'amico non significa che si debba offendere o che il rapporto si incrini. 


Lavorate anche con genitori e insegnanti?


Si, sono ovviamente elementi importanti per poter agire efficacemente sui ragazzi. Al momento abbiamo intercettato 400 insegnanti con della formazione a riguardo.

Il genitore è un esempio per il ragazzo e spesso è il primo a non sapere come gestire le tecnologie digitali. Abbiamo ragazzi che ci raccontano aneddoti della mamma al supermercato che sbatte il carrello contro uno scaffale perché sta messaggiando oppure genitori che postano foto dei figli minorenni senza essere consapevoli delle possibili conseguenze. In Italia i genitori sono ancora poco informati sui risvolti legali nel pubblicare immagini dei figli. Una volta maggiorenne il ragazzo potrebbe denunciare i genitori che hanno pubblicato foto di lui minorenne senza il suo consenso, per non parlare delle foto che vengono riciclate nella pedopornografia. 


Esiste la dipendenza da internet?


Prima di tutto: il termine "dipendenza da internet" non ha fondamenta scientifiche, per questo nel nostro approccio ci concentriamo sull'educazione ad un uso positivo di internet, rendendo i ragazzi padroni del proprio tempo e rapporto con lo smartphone.

In letteratura ci sono pubblicazioni sul tema "dipendenza da internet" da circa 20 anni ma la maggior parte delle pubblicazioni trattano l'argomento come addiction, come fosse una droga, punto sul quale noi non concordiamo. Oggi non c'è un modello universalmente condiviso dalla comunità scientifica

Ci sono 20 termini differenti per parlare di questo argomento: internet addiction disorder, problematic internet use, excessive internet use, pathological internet use, ecc. Questo sta a mostrare la confusione che in ambito scientifico ci sia tutt'ora.


Cos'hai notato nei ragazzi che non ti aspettavi? 


Sono molto bravi ed esperti tecnicamente ma non sanno come funzionino alcuni meccanismi dei comportamenti in rete. Hanno molte competenze ma poche conoscenze. Per esempio ci è spesso capitato di trovare ragazzi per cui non era chiaro il fatto che un acquisto online consistesse in un acquisto vero e proprio: soldi spesi e merce fisicamente in arrivo. 

Una cosa a cui non avevo pensato prima di questo lavoro era la penetrazione del gioco d'azzardo tra i minorenni delle scuole superiori. In molti giocano e non sono coscienti che si tratti di gioco d'azzardo.

Per quanto riguarda la privacy, sanno perfettamente come settare i loro profili social a seconda di ciò che vogliono mostrare ma in pochi sono consapevoli per esempio che una foto pubblicata rimarrà per sempre nel web, anche se loro la cancelleranno.


Quali consigli dai ai ragazzi?


Non diamo consigli, vademecum, regolette d'oro perché funzionano poco. Piuttosto facciamo un lavoro specifico, per la situazione di cui stiamo parlando e per quei ragazzi, in modo che le persone coinvolte possano veramente trarne un beneficio. 

Li portiamo ad automonitorarsi, sapere quanto usano il telefono, controllano i social ecc. Il passo successivo è pensare a quando potrebbero fare a meno di tirare fuori il telefono. Dai 14 in su lavoriamo molto cercando di stimolare in loro un senso di potere, una volta attivati sul fatto che sono loro a poter scegliere quando tirare fuori il telefono, sono loro che lo governano, poi aumenta il senso di potere che hanno. 


"Dà vita a dei buoni esempi: sarai esentato dallo scrivere delle buone regole" Pitagora.


Grazie alla chiacchierata con la Dott.ssa Marino, ho le idee un po' più chiare su alcuni punti:

piuttosto che parlare di dipendenza da internet, su cui non c'è accordo, è più utile educare a comportamenti positivi nell'uso delle nuove tecnologie, che è lo stesso parere del Dott. Tonioni del Policlinico Gemelli, qui trovi l'intervista che ho fatto a lui; è tutta una questione di buon esempio, i primi a dover gestire il proprio smartphone senza esserne schiavizzati sono gli adulti e poi i più piccoli impareranno; c'è ancora tanta mala informazione e poco conoscenza, sia tra i più piccoli che tra i più grandi, sulle conseguenze di ciò che facciamo online.

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