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Performance e multitasking

Oggi lavoriamo in contesti in cui veniamo spinti a fare più cose contemporaneamente. Essere multitasking sembra addirittura essere una caratteristica ricercata dalle aziende e desiderata dai professionisti. In questo panorama in cui le persone portano avanti più compiti contemporaneamente, ovviamente i media digitali hanno un ruolo cruciale. Osservando ciò che accade nel mondo e negli uffici intorno a noi si nota subito come l’uso dello smartphone spesso si accompagni ad un’altra serie di azioni: rispondo alle mail mentre sono in riunione, guardo i messaggi mentre guarda un video sul pc, ecc. Non voglio assolutamente dire che è colpa dello smartphone se operiamo in modalità multitasking, ma sicuramente è uno strumento che facilita i nostri comportamenti in tal senso proprio perché ce l’abbiamo sempre in mano ed è quasi un’estensione del nostro corpo.


Riusciamo a lavorare in multitasking?

Nelle formazioni aziendali che faccio, propongo un breve esercizio che però fa capire di cosa stiamo parlando.

L’attività prevede di cronometrarsi e prendere nota del tempo impiegato in tre compiti:

- Scrittura numeri da 1 a 10

- Scrittura lettere da A a L

- Scrittura numeri e lettere alternate da 1A a 10L.

Dopodiché si confronta la somma delle prime due misurazioni con la terza. Solitamente emerge che nel terzo caso si impieghi più tempo o si faccia più fatica nello svolgere il compito, rispetto ai primi due compiti. Questo ci fa capire cosa significa per il nostro cervello lavorare in modalità multitasking.


Il nostro cervello non è fatto per il multitasking, diversi esperimenti in letteratura ormai l’hanno dimostrato.  Solo una bassissima percentuale di esseri umani su questo pianeta possono definirsi “supertasker” e quindi riuscire a svolgere più attività contemporaneamente in modo efficiente. Un team di neuroscienziati (Hammond, 2017) ha svolto un esperimento in cui i partecipanti dovevano guidare (a un simulatore di guida) e parlare al telefono con il vivavoce, quindi senza avere le mani occupate e contemporaneamente memorizzare una lista di parole e fare dei calcoli aritmetici. Solo il 2,5% dei partecipanti è stato in grado di svolgere i compiti insieme senza intaccare il livello di performance. Questo significa che riuscire a fare più attività nello stesso momento ed essere efficienti, è soltanto un’illusione.


Possiamo portare avanti due compiti contemporaneamente nel momento in cui uno dei due ci richiede un carico di energia e coinvolgimento nettamente inferiore all’altro. Per esempio possiamo ascoltare la musica mentre stiamo guidando e non ci crea fastidio, sopratutto se siamo guidatori esperti e la strada è conosciuta. La situazione è diversa per una persona che guida per la prima volta: per essere maggiormente focalizzato preferirà il silenzio.


Quando le persone eseguono un singolo compito viene attivata la loro corteccia prefrontale che consente loro di prestare attenzione a questo compito. L'aggiunta di un secondo compito costringe il cervello a dividere la sua attenzione tra di loro (S.Dobel, 2019). Inoltre, le persone devono memorizzare delle informazioni in merito ai compiti che svolgono al fine di eseguirli con successo. Ad esempio, quando le persone vengono interrotte da una telefonata mentre cucinano, devono tenere a mente cosa stanno facendo ai fornelli: ho salato l’acqua? Devo tagliare le verdure, ecc. Nel frattempo, devono memorizzare degli elementi riguardanti la telefonata e e necessario pianificare di conseguenza. La parte del cervello coinvolta in questo tipo di processi è la corteccia prefrontale che consente al cervello di tenere a mente le informazioni per un tempo limitato, mentre sposta la concentrazione tra i compiti.


Il costo del multitasking

Un filone di studi sull’impatto del multitasking sulle nostre capacità cognitive riguarda la memoria e l’apprendimento. I cosiddetti “heavy multitasker” ovvero persone che operano spesso nell’illusione di portare avanti più compiti contemporaneamente hanno una difficoltà a filtrare le informazioni irrilevanti (A. Gorlick, 2009). Gloria Mark, ricercatrice alla University of California, da anni studia il multitasking e un dato interessante che ha rilevato riguarda lo stress. Nel caso in cui le persone che portano avanti più compiti contemporaneamente, riescono comunque a farlo nello stesso tempo di chi separa, il carico di stress è superiore e questo va a influire sul benessere delle persone.


Cosa fare

A questo punto però, in un periodo storico in cui gli ambienti di lavoro sono sempre più fluidi e destrutturati, in cui è difficile avere sempre un ambiente intorno a noi protetto da distrazioni esterne ma sapendo gli effetti del multitasking su di noi, cosa possiamo fare?

Scrivo qui alcuni suggerimenti, che ovviamente vanno personalizzati sul caso di ognuno di noi perché non abbiamo tutti le stesse priorità e le stesse modalità di funzionamento.

In generale possiamo:

  1. Less is more -> meno tab e applicazioni aperte possibili sul pc. Creare un ambiente, in questo caso digitale, ordinato e con meno input che ci stimolerebbero a fare più cose contemporaneamente, ci aiuta.

  2. Fissare dei momenti, anche brevi, di lavoro focalizzato -> ci sono svariate tecniche, una delle più famose è quella del pomodoro, ma il punto è definire momenti in cui facciamo una cosa alla volta.

  3. Lista di priorità -> in ambienti destrutturati finiamo per fare più cose contemporaneamente perché non abbiamo una chiara definizione di quale sia l’attività prioritaria in quel momento (rispondere ad una mail o iniziare a preparare il pranzo?), quindi scriversi le priorità e cercare di seguirle serve.

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