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Meglio stare con un robot o un umano?


Sono anni che l'essere umano si dedica nella ricerca e costruzione di esseri robotici con cui costruire una relazione che non sia solo utilitaristica ma ormai anche affettiva. Se qualcuno di voi ha mai avuto un Tamagotchi, tipico gadget anni '90, sa bene a cosa mi riferisco quando dico che si può voler bene anche ad un amico virtuale, robotico, digitale. 

Quei piccoli giochini, animaletti da compagnia comparsi nel 1996 dal Giappone verso tutto il mondo, sono stati il primo esempio di robot utilizzato per instaurare un rapporto affettivo. Infatti il Tamagotchi non risolveva alcun problema di carattere pratico ma semplicemente richiedeva di essere curato, coccolato e quindi voleva il nostro tempo

Non era inusuale che nel momento in cui il piccolo animaletto elettronico da compagnia morisse, il proprietario non volesse premere il pulsante reset per far nascere un nuovo compagno. Perché era come gettare via il vero abitante di quel luogo virtuale, che seppur morto aveva avuto un ruolo importante e quindi piuttosto non lo si riutilizzava per un altro essere. 

Erich Fromm, psicanalista che ha dedicato la sua vita allo studio delle relazioni umane e autore della famosa opera "L'arte di amare", già diceva mezzo secolo fa "Poiché sono un uomo non posso fare a meno degli uomini e del mondo". Oggi potremmo prenderci la libertà di aggiungere che visto il nostro bisogno di stare con altri uomini ha spinto la nostra razza a creare elementi robotici con cui entrare in relazione e non solo utili allo svolgimento di di compiti pratici. 

Sherry Turkle, psicanalista e autrice di "Insieme ma soli" ci dice che ciò che inizia perché meglio di niente, diventa poi meglio di qualcosa e spesso meglio di tutto. La Turkle si riferisce al percorso che porta l'essere umano a instaurare una relazione con un essere robotico: inizialmente prendo un Tamagotchi perché non posso avere un animale domestico in carne ed ossa e poi finisco per amarlo veramente e sento che non potrei sostituirlo nemmeno con un cagnolino vero.

Stessa analogia vale per i rapporti tra esseri umani naturalmente. La relazione tra me e un essere virtuale tendenzialmente funzionerà meglio che con un altro essere umano perché vivrò probabilmente meno frustrazione, delusione, amarezza dato che il robot è lì per me e io sono al centro del suo mondo sempre e comunque. 

Tempo fa, intervistando il Dott. Lancini (Presidente dell'associazione Minotauro e uno dei massimi esperti a proposito di esseri umani & web), riportò un elemento importante: per costruire una relazione sana tra adolescenti e mondo digitale, la chiave sta proprio nella relazione educativa che l'adulto instaura con esso. Ecco che quindi la relazione torna ad essere la chiave. Mi chiedo dunque: arriveremo ad un punto in cui anche la relazione educativa tra adulto e adolescente sarà sostituita da un essere robotico? Staremo a vedere! 


Nel frattempo notiamo che il confine tra esseri virtuali e fisici è sempre più labile: su Instagram appaiono ormai da tempo  i cosiddetti artificial influencer. Ovvero profili sui canali social, con un grande seguito, che però sono costruiti in modo artificiale e quindi la “persona” rappresentata non è altro che un’immagine virtuale, non un corpo in carne ed ossa. Il caso più eclatante è Lil Miquela (oltre 1 milione di follower su Instagram): la “ragazza” non è mai apparsa nel mondo reale e ci sono varie ipotesi su chi gestisca quell’account, tra cui il fatto che sia l’immagine mixata di 3 diverse modelle. Il mistero che aleggia intorno a Miquela è tanto e fa riflettere se pensiamo che una presenza virtuale abbia il potere di muovere le opinioni in modo così importante (andate a vedere i numeri del suo account e capirete!).

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