Lavorare sotto stress: quando la pressione diventa la norma (e perché dovremmo preoccuparci)
- Monica Bormetti
- 16 mag
- Tempo di lettura: 5 min
Viviamo in una società che celebra la produttività, l’efficienza, la capacità di “reggere il ritmo”. In molte professioni, lavorare sotto stress non è più l’eccezione, ma la normalità. Il problema è che, a lungo andare, lo stress cronico compromette la salute mentale e fisica, riduce la qualità del lavoro, mina le relazioni personali e porta con sé un alto rischio di burnout.
Ma cosa significa davvero lavorare sotto stress? Quali sono le categorie professionali più esposte? E cosa possiamo fare, concretamente, per ritrovare un equilibrio più sano?
Ne ho parlato con tre professioniste che, in modi diversi, hanno esperienza di lavori sotto stress.
cosa significa lavorare sotto stress?

Lo stress, in sé, non è sempre negativo. In piccole dosi può essere uno stimolo utile, che attiva le risorse, aumenta la concentrazione e la performance. Il problema nasce quando lo stress diventa costante, incontrollabile e privo di fasi di recupero.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo stress lavorativo è "la risposta fisica e mentale nociva che si manifesta quando le esigenze del lavoro superano le capacità e le risorse del lavoratore". E quando questo squilibrio dura settimane o mesi, il rischio di burnout (una forma di esaurimento psico-emotivo) diventa concreto.
Un esempio emblematico: chi lavora negli eventi
Tra le categorie professionali più esposte allo stress cronico ci sono coloro che si occupano di organizzazione di eventi: event planner, wedding planner, project manager, tecnici, professionisti della comunicazione e del catering.
A prima vista, può sembrare un lavoro entusiasmante e creativo. Ma dietro le quinte si nasconde uno dei mestieri più intensivi, imprevedibili e carichi di pressione psicologica.
Le principali fonti di stress in questo settore includono:
Scadenze non negoziabili: ogni evento ha una data fissa, e tutto deve essere pronto per quel giorno, senza margine d’errore.
Gestione simultanea di molti dettagli: dalla location al catering, dagli ospiti alla logistica, ogni decisione comporta una lunga catena di incastri.
Aspettative molto alte da parte dei clienti, questo è in particolare ciò che mi riporta Elena Puliti, professionista con anni di esperienza nell'ambito dell'organizzazione degli eventi.
Imprevisti continui: maltempo, ritardi, fornitori che saltano, problemi tecnici – il caos è sempre dietro l’angolo.
Tempi di lavoro irregolari: serate, weekend, trasferte, reperibilità costante. Il confine tra tempo personale e professionale si assottiglia fino a sparire.
Questo mix di fattori rende il lavoro nei grandi eventi un esempio perfetto di professione in cui lo stress è sistemico, non episodico. Chi lavora in questo campo spesso vive con il sistema nervoso in allerta perenne, sempre “sul pezzo”, con conseguenze che si manifestano a livello fisico (insonnia, stanchezza cronica, mal di testa), mentale (irritabilità, difficoltà di concentrazione), ed emotivo (ansia, senso di sopraffazione, perdita di motivazione). Elena d'altro canto mi dice anche che il forte stress legato all'organizzazione degli eventi è legato a un periodo limitato di solito, a una stagionalità. Per cui la pressione in quel periodo poi non si protrae tutto l'anno e questo rende questo tipo di lavoro sostenibile.
Ma non succede solo agli organizzatori di eventi
Sarebbe un errore pensare che lo stress lavorativo riguardi solo alcune categorie. In realtà, la pressione costante è trasversale a molti settori, anche molto diversi tra loro. Tra le professioni ad alto rischio di stress cronico troviamo anche:
Chi lavora nella sanità (medici, infermieri, psicologi)
Chi lavora in ambiti educativi o con minori
Professionisti della comunicazione e del digitale, sottoposti a continue notifiche, scadenze, richieste multitasking
Lavoratori del settore commerciale e customer service, dove si deve “reggere” il rapporto con clienti difficili o insoddisfatti
Manager e responsabili di team, che si trovano tra due fuochi: esigenze aziendali dall’alto, bisogni e problemi dei collaboratori dal basso
I costi invisibili dello stress cronico
Il problema, quando si lavora sotto stress per lungo tempo, è che si tende a normalizzare tutto. Si va avanti "a testa bassa", pensando che prima o poi arriverà una pausa, una stagione più tranquilla, un momento per respirare. Ma se questa tregua non arriva mai, il corpo e la mente iniziano a mandare segnali d’allarme.
Alcuni campanelli d’allarme da non ignorare:
Stanchezza persistente, anche dopo il riposo
Difficoltà a dormire o risvegli notturni frequenti
Mal di testa, tensione muscolare, problemi digestivi
Perdita di entusiasmo per il proprio lavoro
Aumento di irritabilità o chiusura sociale
Sensazione costante di "non farcela", anche per compiti semplici
Flaminia Angelucci, professionista che da più di 10 anni si occupa di organizzare eventi aziendali racconta: “Il pensiero creativo è fondamentale per il mio lavoro ed è proprio nei momenti in cui riusciamo a ritagliarci dei momenti di vuoto e stacco che possiamo svilupparlo. Faccio un esempio. Qualche anno fa casualmente sono andata a visitare un’esposizione dedicata a Leonardo Da Vinci e lì mi è venuta l’idea di coinvolgere una relatrice esperta del tema per un evento aziendale che stavo organizzando. È stato possibile per me avere quell intuizione perché ero in un momento di calma e quindi ero ricettiva a ciò che avevo intorno.”
Ma non si tratta solo di creatività, infatti Flaminia prosegue: “Il professionista bravo è quello che risolve i problemi ancor prima che il cliente se ne accorga. E per fare questo è necessario mettersi nella condizione di non essere perennemente in sovraccarico.”
Come proteggersi quando non si può cambiare lavoro
Ilaria Borreca Conference Manager in Richmond Italia dice “Se fino a qualche anno fa le aziende davano come benefit alle persone l’asilo, la palestra e i buoni pasti ora il ruolo della salute mentale è sempre più centrale e quindi ci sono sportelli di ascolto e attività legate al benessere della persona”.
Non tutti possono cambiare settore o rallentare da un giorno all’altro. Ma è possibile modificare il proprio rapporto con il lavoro e introdurre strategie di protezione, anche nei contesti più stressanti.
Prima di vedere cosa possiamo fare però, Ilaria prosegue con un concetto interessante: “Come tutti gli anni anche quest’anno c’è stato il Richmond Human Resources forum in cui si sono discussi temi legati alla gestione delle persone nei contesti di lavoro. I temi principali sono stati l’engagement, la performance, i feedback, l’attraction e ovviamente anche l’impatto dell’intelligenza artificiale sulle persone nel lavoro. Il particolare nelle organizzazioni è importante oggi prendersi carico della paura delle persone verso l’IA, perché questa poi può inficiare anche la qualità del lavoro.”
Intanto ecco alcune buone pratiche, utili non solo a chi lavora nel mondo dell’organizzazione degli eventi, per prendersi cura della propria salute mentale:
🧭 Dare un ritmo alla giornata
Anche se il lavoro è caotico, serve costruire delle routine minime: pause fisse, orari di disconnessione, tempi di recupero. Il corpo ha bisogno di cicli, non di maratone.
💬 Imparare a dire di no
Dire no non è un rifiuto, è una selezione consapevole di ciò che si può sostenere. Accettare tutto per paura di deludere porta al sovraccarico e, spesso, a risultati peggiori.
🌿 Praticare tecniche di gestione dello stress
Respirazione consapevole, camminate lente, yoga, mindfulness, attività manuali: sono strumenti semplici ma potenti per scaricare la tensione e rallentare il ritmo interiore.
🧠 Chiedere supporto
Parlarne con colleghi, amici o con un professionista della salute mentale aiuta a dare un nome a ciò che si prova e a riconoscere i propri limiti. Non siamo macchine. E non dobbiamo esserlo.
Il valore della sostenibilità interiore
In un’epoca che ci chiede sempre di essere produttivi, veloci, presenti e disponibili, lavorare sotto stress è diventata la norma. Ma normale non significa sano.
Il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno passa da qui: riconoscere che la performance sostenibile nasce da persone che stanno bene, non da chi si sacrifica continuamente.
L’esempio degli organizzatori di eventi è illuminante: un mestiere affascinante, ma ad alto costo, se non si impara a proteggere i propri spazi interiori. Vale per loro, ma vale per tutti.
Perché il vero successo, alla fine, è riuscire a lavorare con lucidità, creatività e gioia… senza perdersi per strada.
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