Mindfulness psicosomatica: perché oggi è più necessaria che mai
- Monica Bormetti
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Ci sono pratiche che arrivano nella nostra vita al momento giusto. Per me, la mindfulness psicosomatica è stata una di quelle cose che incontri quasi per caso, ma che quando la sperimenti davvero, senti che parlano una lingua che il tuo corpo conosce da sempre.
Come sono arrivata alla mindfulness psicosomatica

Da psicologa che lavora ogni giorno su temi come benessere digitale, stress e gestione dell’iperconnessione, ho sempre avuto grande attenzione per tutto ciò che sostiene la presenza mentale. Ma a un certo punto ho capito che non bastava capire le emozioni. Non bastava osservare i pensieri.
Mi serviva qualcos’altro: una strada per tornare più in profondità. Per ricucire quella distanza che spesso si crea tra mente e corpo, specialmente quando passiamo ore davanti allo schermo, quando rispondiamo a stimoli continui, quando il nostro sistema nervoso è sempre “acceso”.
È proprio in quel periodo che ho incontrato la mindfulness psicosomatica qualche anno fa. Non come una tecnica in più da aggiungere alla cassetta degli attrezzi, ma come un modo diverso di stare nel mio corpo e quindi nel mondo.
Perché la trovo così sensata oggi
Viviamo in un’epoca in cui passiamo più tempo nella testa che nel resto del corpo. Pensiamo, analizziamo, controlliamo, anticipiamo. E mentre la nostra mente corre, il corpo resta indietro, spesso irrigidito, contratto, in apnea.
La mindfulness psicosomatica riporta l’attenzione là dove tutto inizia: nel respiro, nelle sensazioni, nei micro movimenti interni, nei messaggi del sistema nervoso.
È una pratica che integra la consapevolezza mentale con quella corporea, lavorando in modo molto concreto su:
tensioni croniche
emozioni disfunzionali
respirazione disfunzionale
iperattivazione del sistema nervoso
fatica mentale legata e stati di ansia
Oggi, questo tipo di lavoro è quasi una forma di igiene personale. Un allenamento che serve a rimettere ordine, rallentare, ritrovare accesso alle risorse interne quando la velocità esterna ci porta altrove.
Che benefici porta la mindfulness psicosomatica
Dopo averla praticata e averla portata nei percorsi che faccio con le persone sia individuali che in gruppo, i benefici più evidenti che vedo sono questi:
1. Riduce lo stress in modo profondo
Non solo “ti senti più calmo”, ma impari a riconoscere i segnali del corpo prima che lo stress esploda. È prevenzione, non gestione a posteriori.
2. Migliora la qualità dell’attenzione
Quando torni al corpo, torni anche al momento presente. E il focus diventa più stabile, meno frammentato.
3. Aiuta a sciogliere tensioni legate all’uso intensivo della tecnologia
Collo, mandibola, spalle, diaframma…La mindfulness psicosomatica lavora proprio dove il corpo “registra” le ore di iperconnessione.
4. Riequilibra il sistema nervoso
Passare continuamente da un'app all’altra, da un task all’altro, ci tiene in modalità “allerta”. Questa pratica aiuta a scendere di livello, a recuperare una qualità di presenza più morbida.
5. È uno spazio di rientro
Rientro in sé, nelle sensazioni, nella verità di ciò che si muove dentro. È un luogo sicuro in cui puoi ascoltarti senza giudizio e senza pressione.
cos'è la mindfulenss psicosomatica
La mindfulness psicosomatica nasce come evoluzione della pratica meditativa tradizionale, integrando la consapevolezza del corpo, delle emozioni e del sistema nervoso in un’unica lente di osservazione. Il protocollo di Mindfulness Psicosomatica è stato formalizzato dal Villaggio Globale di Bagni di Lucca e questa disciplina parte dal presupposto che mente e corpo non siano entità separate, ma costituiscano un sistema integrato: la persona è vista come un sistema complesso, un’interazione unitaria di tutte le dimensioni dell’essere.
In sostanza, non si tratta solo di portare l’attenzione al respiro o ai pensieri, ma di includere le sensazioni corporee, gli impulsi nervosi, i blocchi somatici e le emozioni non espresse in una pratica di consapevolezza globale.
È un modello che adotta conoscenze neuroscientifiche, psico-neuro-endocrino-immunologiche (PNEI) e pratiche somatiche per intervenire su come le tensioni, i traumi e lo stress si depositano nel corpo.
Questa prospettiva risulta particolarmente adatta in un’epoca come la nostra, in cui l’iperconnessione digitale, il multitasking, la sovrastimolazione sensoriale e le posture prolungate generano non solo affaticamento mentale, ma anche veri e propri sintomi corporei.
La mindfulness psicosomatica diventa dunque un ponte tra il “sentire” del corpo e il “pensare” della mente, restituendo una modalità di presenza che può alleviare disagi e rigenerare risorse.
Perché l’ho portata nel mio lavoro
Perché oggi vedo una cosa molto chiaramente: le persone non hanno bisogno di performance, ma di presenza. Non di fare di più, ma di tornare a sentire. Non di “contenuti”, ma di pratiche che alleggeriscano il carico invisibile della vita digitale.
La mindfulness psicosomatica è questo: una forma di manutenzione gentile della nostra umanità.
E quando la si pratica per qualche settimana, ci si accorge che cambia il modo di respirare, di stare davanti allo schermo, di reagire alle richieste degli altri, di sentire i propri confini, di gestire lo stress.
Non è magia. È fisiologia, allenata con consapevolezza.
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